10 domande a Gillian Goerz, autrice di “I casi di Agata e Jamila. Il geco scomparso”

I casi di Agata e Jamila è un graphic novel divertente e intrigante, e si inserisce con un’ambientazione contemporanea nella ricca tradizione nata da Arthur Conan Doyle. L’autrice Gillian Goertz, grande appassionata dei libri di Sherlock Holmes, ha affermato che poter raccontare nuovamente queste storie ha rappresentato per lei l’opportunità di “sovrascrivere il razzismo, il sessismo e il colonialismo insiti in esse e nella letteratura dominante del tempo”.

Le nostre 10 domande per conoscerla meglio.

Quando hai capito di voler diventare un’autrice?

Volevo diventare una fumettista fin da piccola. Leggevo Calvin e Hobbes, For Better or For Worse di Lynn Johnston, e i fumetti di Lynda Barry (e pile e pile di quelli di Archie): tutti quelli su cui riuscivo a mettere le mani. Riempivo fogli su fogli con i disegni e le storie basati sui personaggi che inventavo. Mi sono sempre identificata nell’arte e nel disegno, ma è solo guardandomi indietro ora che mi accorgo di aver sempre voluto dare ai personaggi anche una storia.

Quanto ci è voluto per vedere la tua storia arrivare tra gli scaffali delle librerie?

Dalla ricerca di un editore alla pubblicazione sono passati più di due anni, ma il personaggio di Agata Bones e l’idea di realizzare un giallo incentrato sull’amicizia erano in lavorazione da quattro o cinque anni.

Sei la prima artista della tua famiglia?

Mio padre aveva un estro artistico ancora più grande di quello che ha approfondito nel corso della sua vita: era un baritono di formazione classica, un abile fotografo amatoriale e, anche se non disegnava spesso, eccelleva quando lo faceva. Mia mamma e il suo ramo della famiglia, invece, sono più vicini alla scrittura (a parte per un cugino graphic designer). Io però credo di essere la prima artista visiva, sicuramente la prima fumettista.

I tuoi tre libri, autori o illustratori preferiti di quando eri bambina e di oggi.

È difficile pensare a qualcosa di più influente di Calvin e Hobbs, dei libri per bambini di Roald Dahl (con le incredibili illustrazioni di Quentin Blake) e della serie “Ramona Quimby” di Beverly Cleary. Ramona Quimby, Age 8 è il libro perfetto, e Cleary riesce a cogliere con accuratezza la sfera emotiva dei bambini senza giudicarli. In più, le illustrazioni di Alan Tiegreen sono superbe. (Gli illustratori per bambini dovrebbero essere sempre citati in copertina, a mio modesto parere. I disegni condizionano la storia in maniera determinante per i bambini! Da piccola mi infastidiva sempre quando lo stile della copertina non corrispondeva alle illustrazioni interne dei libri che leggevo.)

La parte migliore e quella peggiore dell’essere un’autrice.

La parte migliore è – ovviamente – quando tutto procede per il meglio e ti immergi nel flow. Quella peggiore sono le scadenze opprimenti.

Come scrittrice, cosa sceglieresti come tua mascotte/avatar/animale guida?

Mmm, penso un rapace. Un falco pellegrino, forse? Possiedono un’ampia visione del mondo, ma hanno anche bisogno di agire velocemente per assicurarsi quello di cui hanno bisogno. Scrivere è un po’ la stessa cosa: occorre essere riflessivi e accorti, ma bisogna anche saper distinguere tra il quadro complessivo e i dettagli. E quando arriva un’idea, non si può attendere. Si deve colpire.

Come ti è venuta la prima idea per questo libro e cosa hai imparato scrivendolo?

Amo Sherlock Holmes! I misteri, l’idea di un genio stoico e asociale con tanto da imparare sulla gentilezza, e un partner che può insegnarglielo mentre allo stesso tempo impara che va bene essere diversi – e anche essere considerati “strani” – per essere pienamente se stessi. Stavo rileggendo i libri di Conan Doyle quando ho fatto lo schizzo di una ragazzina-detective con grandi occhiali e impermeabile; l’ho mostrata a un amico e abbiamo scherzato sul fatto che potesse chiamarsi Agata Bones. Sembrava possedere carattere e personalità in abbondanza, e sembrava quasi scongiurare di avere un mondo in cui prendere vita.
Poter rinarrare queste storie è stata un’opportunità per sovrascrivere il razzismo, il sessismo e il colonialismo insiti in esse e nella letteratura dominante del tempo. Jamila è ispirata ad alcune donne forti e geniali che ho conosciuto, e Toronto stessa è stata una grande ispirazione. È la città più eterogenea del mondo e – pur rimanendo ben lontana dalla perfezione – è un luogo che può insegnare alle persone qualcosa sulle diverse culture che lì convivono fianco a fianco, e sull’essere arricchiti, piuttosto che minacciati, dalle novità.

Raccontaci tre cose interessanti/un po’ pazze su di te!

  • Da bambina sono quasi morta: avevo un foro nel cuore (difetto del setto interventricolare, per essere specifici) che si è allargato quando avevo cinque anni. Poveri i miei genitori! Da piccola strillavo ininterrottamente, soprattutto a causa della mia condizione, ma loro hanno dormito pochissimo per mezzo decennio.
  • Adoro i film di paura, e non riesco a non urlare contro lo schermo o a non reagire involontariamente a tutto quello che succede (resto a bocca aperta, sussulto…). Per guardare un film sono una compagnia tanto divertente quanto tremenda.
  • Ho fatto tantissimi lavori diversi. Nonostante la vocazione artistica, non mi ci è voluto poco per racimolare il coraggio di farne una carriera a tempo pieno. E ho anche un sacco di altri interessi. Perciò ho fatto l’attrice, ho venduto vestiti, sono stata amministratrice di una società no profit, ma anche commerciante, pubblicitaria, graphic designer, cameriera, conduttrice radiofonica e karaoke, produttrice di eventi, imbianchina, barista e non solo. Tutte queste esperienze adesso contribuiscono alle mie storie. I miei amici e i miei ex colleghi potrebbero trovarsi in qualche scena affollata: i miei fumetti sono come un Dov’è Wally? delle persone che conosco!

Se non potessi essere una scrittrice, quale sarebbe il tuo lavoro ideale?

La critica gastronomica. Amo mangiare e parlare di pietanze prelibate.

Cosa vorresti che i lettori italiani ricordassero della tua storia?

Il valore dell’amicizia e l’intelligenza, la saggezza e l’ingenuità dei ragazzi.

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