Leo Timmers ha sempre amato disegnare e raccontare storie attraverso immagini; l’idea iniziale per Una casa per Oscar l’ha avuta a soli dieci anni! Gli abbiamo rivolto le nostre dieci domande per scoprire di più su di lui, la sua passione e il suo legame speciale con l’Italia. Buona lettura!
Quando hai deciso che avresti fatto lo scrittore?
Quando ero piccolo, disegnavo sempre. Mentre il resto della famiglia guardava la televisione la sera, mi sedevo in ginocchio al tavolino da caffè con carta e matite. A quel tempo disegnavo per la maggior parte fumetti. I romanzi erano difficili per me a causa della dislessia, ma i fumetti erano più facili da leggere. Le immagini mi aiutavano a comprendere la storia, così capii presto che volevo raccontare storie attraverso le immagini. Per un lungo periodo ho pensato che avrei fatto carriera nel mondo del fumetto, dopo mi sono rivolto ai libri per bambini.
Cosa hai provato nel vedere il tuo libro pubblicato? È stato un sogno diventato realtà?
Il mio primo “libro” è stato pubblicato quando avevo undici anni. Avevo disegnato e scritto una striscia di undici pagine e mio padre decise di fare delle fotocopie e metterle insieme. È stato il mio primo “libro”! Mio padre, che è pittore e scultore, vendeva i libri a ogni mostra che faceva. Lo raggiungevo e firmavo i libri. Un anno più tardi vinsi un premio con questo fumetto e ricordo che ero molto orgoglioso. Niente può superare quel momento, ma devo dire che ora mi sento più orgoglioso con ogni libro che faccio. In parte perché diventa ogni volta più difficile fare un libro, e in parte perché sto perfezionando il mio stile e posso migliorare nel mio lavoro (spero).
Hai una kryptonite nella scrittura?
Tante. Ma credo che la nostra debolezza ci definisca. La gente mi domanda perché disegno sempre animali. Beh, non mi piace disegnare le persone. Soprattutto i bambini, sono un incubo per me. Se devi semplificare un bambino fai un cerchio con due puntini per gli occhi. Non molto interessante! Così lo evito, a meno che abbia una buona idea per un libro che ho bisogno di realizzare come Franky.
I tre libri/autori/illustratori preferiti di quando eri bambino e di adesso.
Da piccolo non leggevo molti libri per bambini. Leggevo Tintin e qualche striscia a fumetti di Flemish. (Ancora oggi adoro Hergé.)
Tony Ross, Quentin Blake e David Mackee sono stati i miei eroi quando mi sono interessato all’illustrazione.
Ho anche disegnato a penna per anni. Dopo ho scoperto altri maestri come Sendak, Lionni, ungerer, Silverstein… Torno ancora a questi classici per ispirazione: Nel paese dei mostri selvaggi, Un pesce è un pesce, L’albero. È una narrazione visuale, così profonda, così saggia.
Ora c’è una nuova generazione con Olive Jeffers, Peter Brown, Shaun Tan e molti altri che fanno un lavoro interessante.
L’aspetto positivo e quello negativo dell’essere uno scrittore.
Cominciamo con l’aspetto positivo. Faccio ciò che amo per vivere. Quanto è bello! Mi sento davvero privilegiato. Adoro ogni aspetto del processo creativo che poi diventa un libro. Mi piace immaginare e scrivere storie, amo esplorare le idee, ma mi piace anche fare bozzetti e disegnare… creare fino a quando qualcosa di bello e intelligente appaia.
Il lato negativo… l’insicurezza, la mancanza di fiducia. Mi preoccupo sempre se sia buono abbastanza. Se lo è o se è così così? Può annientarmi. Passo molto tempo su un solo libro, che a metà mi domando: ne vale la pena? Fortunatamente poi passa e posso continuare sapendo che sto facendo del mio meglio.
Come scrittore, cosa sceglieresti come mascotte/avatar/spirito animale?
Ho tantissime statuine di Snoopy nel mio ufficio. Amo Snoopy e i Peanuts. Snoopy seduto sulla sua casa che immagina di combattere Red Baron… quell’immaginazione, la testa fra le nuvole, è simile a quello che faccio io.
Dove hai trovato l’idea per questo libro e cosa ti ha insegnato.
La prima idea per Una casa per Harry/Oscar è arrivata quando avevo dieci anni. La storia era quasi la stessa di ora, ma Harry era un gatto ordinario. Ho sentito che c’era qualcosa che mancava così l’ho messa via e l’ho dimenticata per anni. È stato dopo l’arrivo di Billy, il nostro gatto di pezza, che ho finalmente capito che l’idea sarebbe stata migliore se Harry fosse stato un gatto di razza casalingo che non è abituato a uscire. Qualche volta le soluzioni semplici stanno davanti a noi, ma non riusciamo a vederle. Il tempo aiuta a vedere idee innovative e libere.
Ogni libro è un processo di apprendimento, ma non credo di avere imparato così tanto come quando stavo facendo Harry. Ho cambiato l’intero processo e ho iniziato a mescolare tecniche e a usare la pittura in diversi modi. Ho anche provato a essere più libero e ho dato la possibilità a un ruolo più importante.
Raccontaci 3 cose interessanti o folli di te.
Questa è difficile. Non mi sento così interessante, sono ordinario! Ma vediamo…
Ho una leggera ossessione con Hitchcock. Guardo i suoi film regolarmente, leggo libri sul suo lavoro e sulla sua vita, roba davvero teorica. La stessa cosa con Hergé e Tintin.
Mi piace correre. Detestavo gli sport, ma ora corro 20 chilometri a settimana. Ho cominciato solo due anni fa ma quando comincio qualcosa tendo a diventarne ossessionato (vedi la numero 1)!
Ora sono produttore esecutivo e co-direttore della serie tv Ziggy & the Zootram. È basato su una mia idea e ho disegnato tutti i personaggi. Anche se non ho mai studiato cinema o animazione, questo nuovo lavoro mi viene molto naturale.
Se non fossi uno scrittore, quale sarebbe il tuo lavoro ideale?
Probabilmente vorrei essere un regista. Non so perché ma sono infinitamente affascinato dai registi.
Cosa vuoi dire ai tuoi lettori italiani?
Sono felicissimo che Harry/Oscar arrivi in Italia. Ho un legame speciale con l’Italia perché mia moglie, Gina, è italiana. Ogni anno visitiamo una regione o una città, dalla Toscana all’Abruzzo, Verona, le Marche, Roma e così via. Adoriamo l’Italia e tutte le cose italiane. La prova? Guidiamo una Lancia Delta. Che posso dire di più?!