10 domande a Silke Rose West e Joseph Sarosy, autori di “Come raccontare le storie ai bambini”

Come raccontare le storie ai bambini è un libro imperdibile per genitori, tutori, nonni e educatori: con qualche piccolo accorgimento, tutti saremo in grado di liberare il narratore che è già dentro ognuno di noi. Per i bambini, sentirsi raccontare le storie da una persona cara significa imparare a gestire le emozioni, sviluppare l’empatia, comprendere meglio il mondo e sviluppare con il narratore un legame intimo, basato sulla fiducia. Gli autori di questo metodo semplice ma innovativo, Silke Rose WestJoseph Sarosy, hanno avuto modo di rispondere alle nostre 10 domande e, tre le tante cose, hanno raccontato la genesi del libro e ci hanno svelato i loro libri preferiti!

Quando avete capito di voler diventare scrittori?

Silke: Sono sempre stata una narratrice nel cuore. Scrivere è un modo per raggiungere le persone in tutto il mondo.

Joseph: Ero seduto su un bus in Bolivia e stavo guardando il sole. Mi sono reso conto che tutti mi avevano sempre detto che il sole è laggiù, lontano, e che il suo calore e la sua luce percorrono grandi distanze per incontrarmi qui sulla Terra. Piuttosto sensato. Ma, da un’altra prospettiva, il calore e la luce del sole sono la sostanza del sole stesso, e io ci sono dentro! L’ho trovato un pensiero originale, e mi ha portato a scrivere tantissime cose nel corso degli anni.

Quanto ci è voluto per vedere la vostra storia arrivare tra gli scaffali delle librerie?

S & J: Circa nove mesi. Raccontavamo storie insieme già da diversi anni, e Joe aveva scritto parecchio nel frattempo. Un giorno, nel novembre 2018, abbiamo deciso di aprire una campagna Kickstarter per sondare l’interesse nei confronti di un libro di storytelling. Avevamo già il titolo e gran parte del materiale: era sempre stata nostra intenzione autopubblicarci, ma l’idea iniziale era abbastanza forte da attirare l’interesse prima di un agente, e poi di alcune case editrici. Anche se non abbiamo firmato con nessuno subito, il processo ha richiesto tempo e abbiamo posticipato l’uscita di qualche mese, ad agosto 2019.  La versione self-published è andata davvero bene, e ci ha fruttato un discreto sostegno (in particolare quello di Jane Goodall), così nel gennaio 2020 abbiamo ricontattato le case editrici, e alla fine ci siamo accordati con Houghton Mifflin Harcourt. La nuova edizione è stata pubblicata il 22 giugno 2021 – due anni e mezzo dopo l’inizio della campagna –, ma il testo non è cambiato molto rispetto alla versione originale.

Siete i primi artisti delle vostre famiglie?

S: Sì. Vengo da una famiglia di contadini. Erano troppo impegnati per leggere o scrivere!

J: Mia madre era pianista e pittrice, e anche mia sorella dipinge. Ma si tratta di passioni personali, nessuna delle due le ha trasformate in una carriera professionale.

I vostri tre libri, autori o illustratori preferiti di quando eravate bambini e di oggi.

S: Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren, Siddartha di Herman Hesse, e If Women Rose Rooted di Sharon Blackie.

J: Da bambino adoravo Calvin & Hobbes di Bill Watterson. Collezionavo tutti i volumi e ho ancora qualche copia autografata. Where the Red Fern Grows è stato per me fonte di precoce ispirazione, e lo considero ancora uno dei migliori romanzi per ragazzi. Lo stesso vale per Il buio oltre la siepe, a cui spesso mi ispiro nel raccontare le storie.

Adesso, da adulto, apprezzo Don Chisciotte più di qualunque altro libro. È una storia talmente bella, ma anche il saggio più interessante sulla storia e sulla contaminazione tra realtà e finzione che abbia mai letto. Sono anche un grande amante di Tolstoj, e in particolare di Anna Karenina. Per ultimo sceglierei Il gene egoista di Richard Dawkins, più che altro per variare, ma anche perché amo la saggistica. Questo libro, in particolare, è sia una storia magistrale che geniale da un punto di vista scientifico. Potrei citarne un altro migliaio.

La parte migliore e quella peggiore dell’essere scrittori.

S: Una bella sfida è riuscire a scrivere nello stesso modo in cui parla il cuore. In quanto donna sulla cinquantina alla mia prima pubblicazione, l’impresa più dura consiste invece nel venire considerata e comprendere che la mia voce è importante.

J: Scrivere è come masticare. Mi permette di riflettere su ciò che è avvenuto durante la settimana, il mese o l’anno, e di digerirlo un po’ alla volta. Fa affiorare il significato in superficie. E questa è la parte migliore. La peggiore, invece, non è tanto il rifiuto netto, anche se ne ho ricevuti in abbondanza, ma piuttosto il buco nero del silenzio che a volte ti riservano le case editrici.

Come scrittori, cosa scegliereste come mascotte/avatar/ animale guida?

S: Randolph Radice: è un piccolo gnomo di pezza che ho cucito a mano; mi ricorda la forza dei miei antenati e la profonda saggezza che mi porto dietro.

J: Una formica. Non ho molta importanza, ci sono milioni di creature come me, e mi affido a ognuna di loro. Il mio compito è lavorare, rimanere umile e continuare a lavorare. E rendere meravigliose perfino le cose più insignificanti.

Come vi è venuta la prima idea per questo libro e cosa avete imparato scrivendolo?

S & J: Per anni, insieme, abbiamo raccontato storie nei boschi ai nostri studenti. È stata un’esperienza talmente gioiosa che volevamo aiutare gli altri ad averne una simile. Ci aspettavamo di vendere qualche copia alle nostre famiglie e ai nostri amici, e poco più. È stato solo dopo aver scritto il libro – e dopo aver letto e fatto ricerca – che ci siamo resi conto di aver pubblicato qualcosa di inedito.

Raccontateci tre cose interessanti/un po’ pazze su di voi!

S:

  • Ballo nella Danza della Luna, in Messico – quattro notti sotto la luce della luna piena, una volta all’anno, insieme a formidabili vecchiette indigene.
  • Amo esplorare luoghi selvaggi e isolati.
  • Colleziono pietre da tutto il mondo e le ho usate per costruire un labirinto.

J:

  • Sono un nerd della matematica e un ingegnere. Nessuno, io meno di tutti, si sarebbe aspettato che avrei insegnato a raccontare storie.
  • Sono capace di percepire note musicali in ogni cosa: sabbia, foglie, bastoni, acqua, pelle e frigoriferi.
  • Insegno a bambini tra i 6 e i 9 anni fra le montagne e i canyon del New Mexico. All’aperto.

Se non poteste essere scrittori, quale sarebbe il vostro lavoro ideale?

S: Una narratrice e guaritrice.

J: Avrei un campo di segale sul ciglio di un dirupo, e impedirei ai bambini di cadere giù. Non è così lontano dalla realtà!

Cosa vorreste che i lettori italiani ricordassero del vostro libro?

S: Se puoi parlare, puoi raccontare una storia! Se puoi scrivere, puoi trasformare quella storia in un dono per il mondo! Se credi in te stesso, la tua storia potrà raggiungere milioni di persone, a prescindere da dove vivi o dal lavoro che fai! Fidati del tuo talento!

J: Sei un narratore, è ciò che ti rende umano. È un fatto ben stabilito dalla scienza, dalle religioni e dal buon senso. Non è importante essere famoso o raccontare storie famose. È importante raccontare semplici storie sincere ai tuoi figli, alla tua famiglia e ai tuoi cari.

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