10 domande a Sophie Escabasse, autrice di “Le streghe di Brooklyn”

Le streghe di Brooklyn è il divertentissimo primo graphic novel della brillante autrice, e illustratrice, Sophie Escabasse. Da sempre appassionata di animazione, fumetti e graphic novel, ha pubblicato Le streghe dopo un processo durato ben quattro anni.

Se siete interessati a scoprire la sua storia, i suoi autori di riferimento, o se semplicemente siete curiosi di sapere perché si sia ritrovata in Nepal, ecco 10 domande per lei!

Quando hai capito per la prima volta che volevi fare la scrittrice?

La consapevolezza di di volere, e potere, fare la scrittrice è arrivata abbastanza in là nella mia vita. È successo proprio con Le streghe di Brooklyn. Ho sempre illustrato racconti brevi e strisce, e non avrei mai pensato di poterlo fare per una storia di 250 pagine. Kelly Sonack, la mia agente, mi ha dato la spinta e la fiducia di cui avevo bisogno, e non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo.

Quanto ci è voluto per vedere la tua storia arrivare tra gli scaffali delle librerie?

Dal momento in cui abbiamo iniziato a parlarne con la mia agente all’arrivo in libreria, credo ci siano voluti quattro anni.

Sei la prima artista nella tua famiglia?

Nella mia famiglia sono tutti un po’ artisti, ognuno a modo suo. Mio padre è un architetto paesaggistico, ha un grande talento per la volumetria e fa magie con le piante. Mia madre è una colorista nata, e usa le sue doti per lavorare all’uncinetto, realizzare gioielli e modellare mobili. Mia sorella scrive e dipinge nel tempo libero. Ha un talento davvero unico per i dialoghi, e spero un giorno di poterla avere al mio fianco abbastanza a lungo da realizzare un graphic novel insieme.

I tuoi tre libri, autori o illustratori preferiti di quando eri bambina e di oggi.

È sempre difficile individuare solo un paio di artisti. Da bambina mi piacevano molto i graphic novel della serie Yakari di Derib, così come i lavori di André Franquin: Spirou e Fantasio, ovviamente, ma anche Modeste et Pompon, Marsupilami; le sue illustrazioni sono incredibili. Ero – e sono tuttora – una grandissima fan di Terry Pratchett. Anche Ayao Miyazaki mi ha influenzata parecchio, soprattutto con Nausicaä della Valle del vento.

La parte migliore e peggiore dell’essere una scrittrice.

La parte migliore è creare personaggi e vederli prendere vita. Giuro che i dialoghi se li scrivono loro da soli!
La parte peggiore potrebbe essere quando le cose non funzionano, e una grande idea finisce per essere solo un vicolo cieco.

Come scrittrice, cosa sceglieresti come tua mascotte/avatar/ animale guida?

Quando ero bambina avevo una pantera nera come amico immaginario (molto simile a Bagheera del cartone animato Il libro della giungla), perciò direi una pantera nera… assieme a un procione divertente e dispettoso, e un coleottero.

Come ti è venuta la prima idea per questo libro e cosa hai imparato scrivendolo?

La prima idea per questo libro è nata da un’illustrazione di Selimene. Mi è piaciuta davvero tanto e mi è rimasta impressa. Quello che ho imparato scrivendolo è che serve tempo, bisogna lasciare sedimentare le cose, e ci vuole anche un po’ di botta e risposta con te stessa e le persone di cui ti fidi. La mia agente e il team di Random House mi hanno aiutato molto. Ho imparato che appuntarsi le proprie idee è DAVVERO importante, perché non sai mai quando i pianeti si allineeranno e avrai l’opportunità di portare quelle idee alla luce.

Raccontaci tre cose interessanti/un po’ pazze su di te!

  • L’anno in cui, in teoria, dovevo finire le superiori e fare la maturità, mi sono presa un anno sabbatico con mia mamma e mia sorella e abbiamo vissuto in Indonesia e in Nepal.
  • Per addormentarmi, o per calmarmi, mi succhio la lingua (vi chiederete come, così: semplicemente la pieghi in due).
  • Mi piace abbracciare gli alberi e parlarci.

Se non potessi essere una scrittrice, quale sarebbe il tuo lavoro ideale?

L’ostetrica o la storica, forse.

Cosa vorresti che i lettori italiani ricordassero della tua storia?

Spero che Le streghe di Brooklyn li faccia ridere. Amicizia e senso dell’umorismo: spero che questo sia quello che si porteranno con loro, e magari il desiderio di visitare la vera Brooklyn, un giorno. Ditmas Park è un quartiere meraviglioso.

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