Quella dell’illustratore è un’avventura nata un po’ per caso, ma oggi Simone Rea non riesce nemmeno ad immaginarsi a fare un altro lavoro. Da poco in libreria con l’albo La scimmia che si era persa, scritto da Luca Tortolini, abbiamo deciso di scoprire di più su di lui e la sua passione per il disegno con la nostra intervista in 10 domande!
Quando hai deciso che avresti fatto l’illustratore?
Ho deciso di percorrere quest’avventura stupenda un pò per caso: ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma nella sezione di decorazione perché c’era un insegnante, un pittore, Gino Marotta, che sapevo per sentito dire, fosse un grandissimo pittore. E io volevo decisamente dipingere. Poi un giorno, per caso, mi imbattei nella mostra a Roma di una scuola di illustrazione che si trova nel nord Italia e mi sentii subito a casa. Mi ricordo ancora quella sensazione e quello che pensai: questa strada potrei percorrerla. Quale strumento migliore di un libro per far osservare i miei lavori a una grande quantità di gente?
Cosa hai provato nel vedere il tuo primo libro pubblicato? È stato un sogno diventato realtà?
Il mio primo libro è stato una bella esperienza ma in verità avevo così tante cose da imparare che quando lo sfogliai per la prima volta mi vergognai. Ero acerbo, consapevole d’esserlo e insicuro del percorso pittorico che stavo intraprendendo. Ma ero anche appassionato, appassionato a tal punto da non permettere che la frustrazione si facesse largo nella mia mente.
Hai una kryptonite nel disegno?
Ognuno di noi ha delle lacune, bisognerebbe affrontarle da giovani, sbatterci la testa… si, sarebbe più facile.
Non so indicare con precisione qual’è il mio tallone d’Achille, credo d’averne più di uno, ma so anche che è grazie ad essi che disegno ed espongo il mio immaginario così come lo conoscete.
I tre libri/autori/illustratori preferiti di quando eri bambino e di adesso.
Quando ero bambino mio padre inventava delle storie per farci addormentare, ricordo una di queste dove un ragazzo con una bici d’oro volava nel cielo stellato, e questo non credo di poterlo mai dimenticare (che tra le altre cose nel mio immaginario quella bici era la mia e mio padre per farla diventare d’oro prendeva una bomboletta di vernice e la spruzzava un pò a caso, dappertutto. Anche sulle ruote).
Il momento preciso in cui mi resi conto che questo percorso era perfetto per me fu quando mi ritrovai tra le mani “Greta la Matta” di Carll Cneut: osservai le immagini e intuii che l’albo illustrato è una forma di comunicazione senza una target, dove ogni fruitore in base all’età, in base alle proprie conoscenze può lasciarsi emozionare.
Di libri e di autori ce ne sono tanti, adoro i libri che mi fanno ridere, e anche quelli che mi fanno riflettere, un esempio: “I Cinque Malfatti” di Beatrice Alemagna.
Autori che non posso non nominare? Leo Lionni, Józef Wilkoń, Dušan Kállay, Pablo Auladell (un autore fantastico che stimo e ammiro, un amico al quale voglio molto bene).
L’aspetto positivo e quello negativo dell’essere un illustratore.
Per me che non ho peli sulla lingua questa è una domanda spinosa.
Parlerei dall’aspetto positivo perché è quello che mi da l’energia e la forza per andare avanti. Devo ricordarlo a me stesso molto spesso ultimante, che non ha tutto è concesso di lavorare con la propria passione.
Proseguirei col dire, a tutti quelli che vorrebbero intraprendere questo percorso che per farlo dovranno diventare bravissimi in tanti settori, dovranno imparare a farsi rispettare, a leggere i contratti e gestire al meglio le public relations.
Come illustratore, cosa sceglieresti come mascotte/avatar/spirito animale?
Ah ah ah disegno ibridi, umani con teste di animali, potrebbe dipendere dal giorno:
A colazione il coccodrillo, a metà mattinata un ghepardo, a pranzo una volpe, dopo pranzo un bradipo a cena un lori e la notte… Bo, la notte si sogna
Dove hai trovato l’ispirazione per questo libro?
L’ispirazione, quando mi viene proposto un testo, arriva indubbiante dal testo. Ho accettato di illustrare questo racconto perché ho sentito in esso delle “mancanze”, ho sentito di poterle compensare raccontando con le immagini le cose non dette. Questo mi ha affascinato.
A me piace cambiare tecnica di tanto in tanto, lo faccio perché così facendo mi sembra di mettermi meglio a disposizione del testo. Per “La scimmia che si era persa” ho deciso di utilizzare le matite colorate perché sono accoglienti, versatili, delicate e mi permettono di realizzare dei personaggi più espressivi, meno realistici e al contempo più vivi.
Raccontaci 3 cose interessanti o folli di te.
Non saprei, posso dire d’essere abbastanza timido e che probabilmente sono più folli alcuni miei disegni di quanto lo sia io.
Se non fossi un illustratore, quale sarebbe il tuo lavoro ideale?
Non credo d’avere avuto mai altre chance. Mi piace disegnare e dipingere, forse mi piacerebbe fare animazione, stop motion.. Non mi definirei un illustratore, mi sembra un pò riduttivo. Sono un disegnatore, il mio campo di lavoro è ampio in realtà.
Cosa vuoi dire ai tuoi lettori?
Vorrei ringraziare chi mi segue, chi mi scrive, chi aspetta le uscite dei miei libri, perché è anche grazie a loro che trovo lo stimolo di sperimentare.
Per quei lettori che invece vorrebbero intraprendere questo percorso dico: c’è posto per tutti ma deve esserci tanta passione, tanta voglia di mettersi in gioco e tanta autocritica.
Perché il fine ultimo non è pubblicare un libro, quello è la conseguenza della vostra esigenza di voler raccontare.